Requisiti acustici nelle compravendite private di alloggi

Bocciata la norma della comunitaria 2009 che consente la non applicazione dei requisiti acustici nelle compravendite private di alloggi. Lo ha deciso la corte costituzionale con la sentenza 103/2013 depositata oggi.
Il Tribunale di Busto Arsizio aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo15, comma 1, lettera c), della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee. Legge comunitaria 2009), in quanto prevede che l’articolo 11, comma 5, della legge 7 luglio 2009, n. 88 sia sostituito dalla norma di interpretazione autentica che recita: «In attesa dell’emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, l’articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, si interpreta nel senso che la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditori e acquirenti di alloggi, fermi gli effetti derivanti da pronunce giudiziali passate in giudicato e la corretta esecuzione dei lavori a regola d’arte asseverata da un tecnico abilitato».

Il giudice avevacontestato che “il contenuto della «norma interpretata» è chiaro e non necessita di interpretazione, non ha dato adito a contrasti giurisprudenziali, e nessun dubbio è mai stato sollevato circa l’applicabilità del Dpcm 5 dicembre 1997 ai rapporti tra privati acquirenti e costruttori di alloggi”.  Quindi secondo il magistrato di Busto Arsizio “il contenuto «falsamente interpretativo», ma effettivamente innovativo della norma impugnata, oltre a incorrere in un vizio di eccesso di potere legislativo «conseguente all’uso deviato dello strumento dell’interpretazione autentica», viola gli artt. 3 e 24 Cost., oltre al principio di irretroattività della legge”.

I giudici della consulta hanno riconosciuto che “seppure formulata quale norma di interpretazione autentica, essa non interviene ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in questa contenuto, «riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario», al fine di chiarire «situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo» in ragione di «un dibattito giurisprudenziale irrisolto» o di «ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore» a tutela della certezza del diritto e degli altri principi costituzionali richiamati”. Non solo. “La retroattività della disposizione impugnata – sottolinea la sentenza della Consulta – non trova giustificazione nella tutela di «principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale”, ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)»”. Inoltre il contenuto viene ad incidere su rapporti ancora in corso, vanificando il legittimo affidamento di coloro che hanno acquistato beni immobili nel periodo nel quale vigeva ancora la norma “sostituita”, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 88 del 2009, che, a tutela di tale affidamento e della certezza del diritto, specificava che la sospensione dell’applicazione nei rapporti tra privati delle norme sull’inquinamento acustico degli edifici valesse per il futuro, in riferimento agli «alloggi sorti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge». Per questi motivi la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della dell’articolo15, comma 1, lettera c), della legge 4 giugno 2010, n. 96.

Link: Il Sole 24 Ore